Nel mondo la malattia di Alzheimer colpisce circa 40 milioni di persone e solo in Italia vi sono oltre un milione e duecentomila casi di demenza, 720mila dei quali legati a questa specifica patologia. Oltre gli 80 anni, la malattia colpisce 1 anziano su 4. Questi numeri sono destinati a crescere per l’aumento dell’aspettativa di vita, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo: si stima un raddoppio dei casi ogni 20 anni. In Italia, poi, secondo alcune proiezioni il numero di pazienti in 30 anni e’ destinato a triplicare. In occasione della Giornata mondiale dell’Alzheimer, il 21 settembre, una novità importante è rappresentata dalla speranza di trovare un farmaco efficace, e non solo che tratti i vari sintomi. Una speranza che si riaccende dopo lo stop, nel marzo 2019, dei test su un farmaco ritenuto promettente, l’Aducanumab, e dopo che l’Fda ha rivisto i dati e riammesso per una seconda valutazione il dossier del farmaco. “Ci vorrà la primavera 2021 per capire gli esiti”. Lo spiega il professor Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di neurologia. Aducanumab e’ un anticorpo monoclonale che si è dimostrato efficace nella rimozione dell’accumulo di beta amiloide, causa della patologia, in una fase molto iniziale della malattia. Solo in Italia potrebbero essere 500mila i potenziali candidati al farmaco, in una fase di disturbo cognitivo lieve perché in fase conclamata e’ stato già dimostrato che non è efficace.”Ciò -spiega Tedeschi- pone una sfida ai servizi sanitari: intercettare i pazienti”. Anche per questo, tre anni fa e’ nato il progetto Interceptor, che come spiega il responsabile, il professor Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze – neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma, “vede l’Italia come primo Paese al mondo che mira ad identificare un insieme di biomarcatori in grado di intercettare coloro che svilupperanno la malattia, quando ancora non ha intaccato in modo inesorabile le ‘riserve neurali'”. In generale la ricerca di biomarcatori nelle malattie neurologiche ha fatto passi in avanti grazie allo sviluppo di metodiche ultrasensibili e su questo lavora ad esempio l’Irccs Fatebenefratelli di Brescia.
Altro tema e’ come pazienti e famiglie hanno affrontato il lockdown. Secondo una ricerca della Società Italiana di Neurologia per le demenze (SINdem) le restrizioni hanno indotto un peggioramento dei disturbi comportamentali nei pazienti con demenza.”Di fatto- aggiunge Rossini- sono stati fortemente compressi i diritti umani fondamentali delle persone con demenza: dall’accesso alle cure ospedaliere ai ricoveri nelle terapie intensive, non sempre garantiti a pazienti che avevano chance di sopravvivenza limitate.Diverse sono state le esperienze estere per far sentire meno isolati gli anziani: dalla tecnologia per i contatti con i parenti alla possibilità di incontrarli all’aperto.La normale attività di diagnosi e cura di anziani con varie forme di declino cognitivo è stata sostanzialmente interrotta a tutti i livelli”.
In occasione della giornata, che ha come claim “Demenza, parliamone”,Eugenio Finardi ha dedicato la sua musica e la sua testimonianza di caregiver alla Federazione Alzheimer Italia. Mentre dal 17 al 30 settembre si potrà sostenere la ricerca di Airalzh Onlus – Associazione Italiana Ricerca Alzheimer, in particolare sui disturbi del sonno e l’incidenza sullo sviluppo nelle demenze, grazie all’iniziativa “Non ti scordar di te” nei supermercati e ipermercati Coop di tutt’Italia. (ANSA).