Una giornata per ricordare i sacrifici fatti durante i due anni di Covid che ancora non sono del tutto alle spalle. Nella Giornata internazionale dell’infermiere, oltre a sottolineare il duro lavoro del personale sanitario, si parla di futuro e di investimenti, per riorganizzare e migliorare i punti nevralgici dell’assistenza medica in prima linea.
Una giornata per rendere omaggio ad un lavoro prezioso e spesso gravato da sacrifici innumerevoli in un tempo in cui per la categoria c’è ben poco da festeggiare. Specie per quanto concerne i numeri: basti dire che se nel Bresciano nel 2009 erano in servizio 190,31 infermieri ogni 100mila abitanti, dieci anni dopo, nel 2019, il numero era sceso a 162,45. E la pandemia non ha certo giovato. Ora peraltro il fabbisogno è destinato
Tra le altre iniziative che saranno organizzate, a Palazzo Pirelli in mattinata, a partire dalle ore 10, si terrà un convegno patrocinato dal Consiglio regionale della Lombardia dal titolo «Investire nelle cure infermieristiche. Pandemie e guerre: il contributo della ricerca storica per rispettare i diritti e tutelare la salute».
Obiettivi futuri
Aumentare i laureati e quindi «allargare lo sbarramento provocato dal numero chiuso che caratterizza attualmente la facotà», ma anche dare un adeguato riconoscimento economico e «la possibilità per il professionista di allargare e affinare le proprie competenze». Queste le proposte lanciate da Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi, network di assistenza legale in ambito medico.
Ammonta a circa 70mila infermieri l’attuale fabbisogno di queste figure professionali in Italia. Nel 2021 sono 1.173 le nuove assunzioni rispetto al 2020. Molto poche rispetto all’attuale fabbisogno. Nel frattempo, i 460mila infermieri che oggi lavorano nelle strutture italiane devono fare i conti con turni di lavoro massacranti a fronte di una retribuzione molto bassa e a pochissime prospettive di carriera. Non stupisce che in 10-15 anni, 20mila infermieri italiani hanno deciso di fuggire all’estero».«La prospettiva di una carriera può essere una vera e propria calamita per i giovani che vogliono avvicinarsi alla professione infermieristica – sottolinea Tortorella -. È questo quello di cui abbiamo bisogno affinché l’attuale lacuna di professionisti, non si trasformi in una vera e propria voragine nei prossimi 5-10 anni», conclude.
In Lombardia
In Lombardia, secondo le stime dell’Ordine professionale, mancano circa 9500 infermieri, di cui 3500 solo nelle Rsa e 4800 sul territorio. La professione risulta poco attrattiva, visto che il rapporto fra l’offerta di posti nei corsi di laurea e le domande presentate è di 1,44, mentre quello per fisioterapisti, per fare un esempio, è di 10,74. «Questo accade perché a oggi non c’è alcun riconoscimento dell’autonomia della professione e nessuna possibilità di carriera», ha spiegato la consigliera regionale del Pd, Carmela Rozza, durante una conferenza stampa convocata a Palazzo Pirelli per presentare un progetto di legge che prevede l’istituzione del Direttore assistenziale, un dirigente che operi alla pari con il direttore sanitario nell’organizzazione delle strutture.
«Ad oggi – ha commentato Rozza – la legge di riforma della sanità non ne prevede nessuno, né nelle case di comunità, né nei distretti». Nel progetto di legge si prevede che il Direttore generale – limitatamente alle Asst e agli Ircss pubblici – nomini un Direttore assistenziale, scelto tra coloro che possiedono una laurea magistrale delle professioni sanitarie. Tale figura, secondo la proposta del Pd, dovrà partecipare alla definizione della policy aziendale, al processo di pianificazione strategica, agire in coerenza con le strategie complessive aziendali e promuovere processi integrati di assistenza.
(fonte giornaledibrescia.it)