Negli over 65 lo stimolo della sete diminuisce e così il 20-30 per cento è cronicamente disidratato; un pericolo non da poco, perché basta un calo del 2 per cento dei liquidi perché il cervello funzioni peggio
Non fa caldo, anzi, e di certo non si suda. Disidratarsi sembra impossibile in inverno, eppure agli anziani capita eccome: secondo dati diffusi dalla Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo (www.sinuc.it) il 20-30 per cento degli over 65 è cronicamente disidratato.
Mancanza di sete
Uno dei motivi principali è la mancanza della sete, uno stimolo che tende a decrescere con l’età e che impone quindi di ricordarsi di bere. Inoltre negli anni i reni tendono a perdere la capacità e l’efficienza a trattenere l’acqua, mentre il volume urinario aumenta se c’è un diabete non diagnosticato o non controllato, come spesso capita agli anziani; come se non bastasse invecchiando si perde anche tessuto muscolare, uno dei tessuti corporei più ricchi di acqua (circa un ultrasessantenne su tre ha una perdita muscolare grave, secondo le stime più recenti). Per di più gli anziani con ipertrofia prostatica o incontinenza urinaria cercano di bere il meno possibile, per limitare al massimo il disagio di dover andare al bagno molto spesso; chi infine soffre di disturbi neurodegenerativi ha un alto rischio di non bere a sufficienza e come sottolinea Maurizio Muscaritoli, presidente SINuC, «la disidratazione va riconosciuta presto e bene, perché basta che arrivi al 2 per cento del peso corporeo per dare disturbi cognitivi come confusione, disorientamento, perdita di forza, coordinazione e delle funzioni cognitive in generale. Con conseguenze che possono essere gravi e vanno da cadute a traumi, da danni a reni e muscoli a un maggior rischio di contrarre infezioni».
I segnali
La disidratazione mette a rischio la salute in generale: si è osservato per esempio che è presente nel 37 per cento degli anziani che arrivano in Pronto Soccorso, in cui peraltro è associata a esiti peggiori; come riconoscerla in tempo, allora? «Fatica e crampi muscolari possono essere segnali indicativi – dice Muscaritoli -. Però è sbagliato attribuire tutto all’età, qualcosa si può fare per evitare la disidratazione anche da anziani: l’ideale è studiare un piano personalizzato, specialmente nei soggetti a rischio, per aumentare l’introito di fluidi e ridurre quello di alcol (aumenta infatti la disidratazione, ndr), favorire l’assunzione di frutta e verdura e pianificare con il medico se possibile la diminuzione dei diuretici, che possono peggiorare la situazione».
Non solo acqua
Naturalmente il primo e più efficace mezzo per contrastare la disidratazione è bere. Soprattutto l’acqua, ma non solo: molti anziani non la amano troppo, allora può andare bene alternarla con latte scremato, tè o spremute d’arancia: uno studio dell’Università di Saint Andrews in Scozia che ha messo a confronto il potere idratante di varie bevande ha infatti dimostrato che «l’acqua disseta a breve termine, mentre liquidi che contengano piccole quantità di zuccheri, grassi o proteine permettono un’idratazione di organi e tessuti più a lungo», come osserva Ronald Maughan, autore dello studio. Il latte per esempio grazie a lattosio, grassi e proteine resta più a lungo nello stomaco perché ne possano essere metabolizzati gli elementi, inoltre i sali minerali impediscono che i liquidi siano eliminati troppo velocemente con le urine: in altri termini un po’ di calorie e un po’ di elettroliti servono a idratare meglio, per cui latte, spremute o tè oltre a essere spesso più graditi dell’acqua possono aiutare parecchio. A patto di non esagerare con lo zucchero, perché una dose eccessiva ha l’effetto contrario e accelera il transito del liquido verso l’intestino.
(fonte www.corriere.it)