Le malattie che incidono sullo stato di salute di chi è avanti con gli anni, per quali motivi, come contrastarle. Vaccinazioni cardine della prevenzione, che non è una spesa ma un «investimento da valorizzare». Intervista al professor Giancarlo Icardi, coordinatore Comitato scientifico Società Italiana di Igiene
La prevenzione come strumento per ridurre il rischio di malattie infettive gravi, di ricoveri in ospedale e di decessi, migliorando la qualità di vita della popolazione più avanti con gli anni e, allo stesso tempo, contenendo i costi sanitari.
In che modo la prevenzione e le vaccinazioni possono favorire un invecchiamento in buona salute? Se ne parla a Roma il 15 ottobre nel corso di un evento istituzionale, «Investing for Healthy Ageing», con rappresentanti delle istituzioni, esperti, clinici e associazioni di pazienti.
Invecchiare bene
Spiega il professor Giancarlo Icardi, ordinario di Igiene all’Università di Genova e direttore dell’Unità operativa complessa di Igiene all’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, nonché coordinatore del Comitato scientifico della Società Italiana di Igiene: «La speranza di vita alla nascita è aumentata, però spesso ci troviamo di fronte a un paradosso: si vive di più ma un certo numero di anni della nostra vita avanzata la trascorriamo in cattiva salute; quindi, l’obiettivo è invecchiare bene trascorrendo più anni con una buona qualità di vita. Per questo è fondamentale la prevenzione, che non va considerata una spesa ma un investimento. Sappiamo, infatti, che un euro investito in prevenzione genera un ritorno economico e sociale molto elevato: esistono studi che hanno quantificato questo ritorno in almeno dieci euro, considerando solo i risparmi sanitari, e fino a 40 euro se si includono vite salvate, minori disabilità a lungo termine ecc.
Dal punto di vista sanitario – sottolinea il professor Icardi – le vaccinazioni sono il cardine della prevenzione, in particolare di quella primaria, ovvero intervenire prima che un fenomeno si verifichi. E, quando si parla di vaccinazioni del soggetto anziano, l’obiettivo è evitare il più possibile le conseguenze negative di patologie che sappiamo incidere sullo stato di salute delle persone più avanti con gli anni, tra cui l’influenza; per questo è fortemente raccomandato vaccinarsi».
Anziani e con malattie croniche più predisposti a infettarsi
Non solo. Prosegue l’esperto: «I dati epidemiologici ci dicono che, oltre all’influenza, ci sono altre malattie che incidono sullo stato di salute delle persone anziane. I motivi? Non va dimenticato che il processo di invecchiamento del sistema immunitario, più veloce dai 60 anni in poi, predispone più facilmente le persone anziane ad ammalarsi e a contrarre delle infezioni – sottolinea il coordinatore del Comitato scientifico della Società Italiana di Igiene –. L’anziano, poi, ha spesso comorbosità, per esempio soffre di più patologie, come diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie. In base ai dati epidemiologici, sappiamo per esempio che la polmonite ancora oggi provoca molti decessi tra gli anziani, e lo pneumococco è tra i batteri che incide maggiormente. Secondo solide evidenze scientifiche, sappiamo che lo pneumococco causa in circa il 30 per cento dei casi la polmonite acquisita in comunità, cioè nella normale vita quotidiana. Contestualmente, lo pneumococco non solo è in grado di causare la polmonite, ma è uno di quei batteri che può provocare sia la meningite, quindi aggredisce il sistema nervoso, sia la sepsi (setticemia), cioè questo batterio che “colonizza” la gola, in soggetti vulnerabili, può aggredire non solo il basso tratto respiratorio ma superare la barriera emato-encefalica, finendo nel sangue».
Vaccino anti-pneumococcico gratuito per gruppi a rischio
Da qui l’impegno della comunità scientifica per sviluppare un vaccino contro lo pneumococco. Oggi esiste uno strumento di prevenzione, la vaccinazione anti-pneumococcica, raccomandata e offerta gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale agli anziani over 65 e ai gruppi a rischio.
Dice il professor Icardi: «Dagli inizi degli anni duemila, quando il vaccino anti-pneumococcico proteggeva da 7 sierotipi, siamo arrivati ad avere quest’anno un vaccino specifico per l’età adulta e anziana, che protegge da 21 sierotipi di pneumococco, i principali responsabili di polmoniti, meningiti e sepsi».
E la Liguria, Regione più anziana d’Italia, con circa il 29 per cento di over 65 rispetto a una media nazionale del 25 per cento, sarà tra le prime a garantire, da novembre, la più ampia protezione possibile per la popolazione adulta e anziana col nuovo vaccino anti-pneumococcico 21-valente, autorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
Influenza e Covid-19
«Il vaccino anti-pneumococcico, raccomandato agli over 65 e ai soggetti a rischio per patologia, si fa in dose unica e protegge per tutta la vita -– spiega l’esperto –. Si può fare anche nel corso dell’anno ma, come segnala la circolare sulla prevenzione dell’influenza del ministero della Salute, la vaccinazione antinfluenzale rappresenta un’opportunità per fare anche quella contro lo pneumococco. Come pure è consigliato, anche nella stessa seduta, il richiamo contro Covid-19 col vaccino aggiornato alle nuove varianti in circolazione, offerto (gratuitamente) in via prioritaria agli over 60 e a tutti i soggetti fragili, quindi anziani e persone di qualsiasi età che hanno cardiopatie, patologie respiratorie, cioè quei soggetti maggiormente a rischio se si contagiano».
Perché serve vaccinarsi?
«Il motivo non è eliminare del tutto la malattia ma controllarla, cioè evitare il più possibile l’aumento dell’incidenza ovvero il numero di nuovi casi e, soprattutto evitare i danni che possono provocare malattie da pneumococco, influenza, Covid – specifica il professor Icardi –. In una persona anziana e/o fragile per malattie preesistenti, la probabilità di complicanze aumenta. Le vaccinazioni vanno viste in quest’ottica: evitare quanto più possibile che le persone si ammalino e, soprattutto, le complicanze della malattia infettiva limitando i danni».
I vaccini sono sicuri?
«I vaccini sono prodotti sicuri essendo sottoposti a controlli sia durante le sperimentazioni cliniche sia nella fase successiva all’immissione in commercio – spiega l’esperto –. Come tutti i farmaci possono avere degli effetti collaterali: ci sono effetti prevedibili ma non prevenibili, che sono quelli più comuni, ovvero dolore locale, rossore o bruciore nella sede di inoculazione; poi, possono avere effetti generali più comuni, come mal di testa o qualche linea di febbre. Raramente, invece, possono causare eventi avversi gravi, in ogni caso infinitamente minori rispetto ai danni che può provocare la malattia provocata dal virus o dal batterio se non ci si vaccina. Per esempio, il virus del morbillo per ogni 1500 casi di contagio provoca un caso di severa complicanza del sistema nervoso, che richiede il ricovero in ospedale. Invece, il vaccino contro il morbillo può provocare questo evento avverso grave non in un caso ogni 1.500 come quando ci si ammala, ma soltanto in un caso ogni 250 mila dosi somministrate».
Troppi vaccini fanno male?
Riferisce il professor Icardi: «Un’altra domanda che spesso ci fanno è: “Tutti questi vaccini non mi faranno mica male?” Anche in questo caso ci viene in aiuto la scienza: sappiamo che il sistema immunitario di un bambino appena nato sarebbe in grado di rispondere contemporaneamente a 10mila antigeni (quindi a 10mila vaccinazioni). Basta pensare, poi, a quante sostanze estranee ogni giorno veniamo sottoposti mangiando, respirando, con le normali attività quotidiane che svolgiamo. Quindi, non sono le 4-5 sostanze attive contenute nei vaccini che possono mettere in crisi il nostro sistema immunitario» conclude l’esperto.
Appello a Governo e Istituzioni in vista della Legge di Bilancio
L’evento «Investing for Healthy Ageing è l’occasione per lanciare un appello al Governo e alle Istituzioni perché sia riconosciuto, in concreto, il ruolo della prevenzione come «pilastro imprescindibile per migliorare la vita delle persone, garantire un invecchiamento in salute, quindi la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e dell’intero Paese».
Pertanto, secondo i rappresentanti del mondo scientifico esperti in prevenzione, con la prossima Legge di Bilancio c’è «l’opportunità di incrementare il fondo per la prevenzione di almeno un punto percentuale rispetto all’attuale 5% e superare, per la prima volta, la logica della spesa per Immunizzazione e Screening come “spesa corrente”, riconoscendola come investimento strategico e prioritario, al pari della Difesa, nell’ambito del nuovo quadro di governance europea».
Del resto, questa posizione è largamente condivisa nel dibattito parlamentare e istituzionale, come dimostrano le risoluzioni di maggioranza approvate lo scorso aprile da Camera e Senato in sede di esame del Documento di Economia e Finanza 2025: impegnano il Governo a «valutare l’adozione di misure di sostegno per la prevenzione sanitaria, con particolare riferimento all’immunizzazione e allo screening».
(fonte corriere.it)






